Per educare un bambino ci vuole un villaggio.

LA NEWSLETTER METODOLOGIA PEDAGOGIA DEI GENITORI

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Strumenti

Accoglienza e Continuità

    Accoglienza/continuità Con i nostri occhi è funzionale al patto educativo scuola famiglia, fondato sulla valorizzazione delle competenze e delle conoscenze dei genitori e mirato all’obiettivo comune: l’educazione del figlio alunno. La scuola nel momento in cui accoglie i nuovi allievi chiede ai genitori di presentare il figlio (vedi Strumento “Con i nostri occhi”) per ri-conoscerne l’ambito formativo e acquisire le coordinate storico culturali dello sviluppo avvenuto nello spazio famiglia. Questo percorso diventa parte del Patto Educativo di Corresponsabilità (PEC) e attribuisce alla famiglia il ruolo di partnership pedagogica. Si apre una collaborazione che dura nell’arco degli anni e assume particolare importanza nel passaggio da un ordine di scuola all’altro. I docenti seguono gli allievi per un periodo limitato di tempo, i genitori hanno una prospettiva educativa, basata sull’arco di una vita. La presentazione dei figli effettuata nel corso dell’accoglienza, continuata nel Gruppo di narrazione, diventa strumento di continuità, affiancandosi alle normali attività di accoglienza e continuità previste dal Piano dell’Offerta Formativa.



    Obiettivi

    • Utilizzare le presentazioni dei genitori come strumento di conoscenza, accoglienza e continuità.
    • Dare unità al cammino di crescita dei figli alunni tra scuola e famiglia
    • Collegare la dimensione educativa dei genitori a quella della scuola
    • Ricomporre le dimensioni affettive e quelle cognitive
    • Rafforzare il valore dell’educazione
    • Consolidare la dignità formativa degli adulti di riferimento: docenti e genitori
    • Riconoscere e valorizzare le competenze educative della famiglia
    • Attuare il patto educativo scuola famiglia


    Percorso operativo
    Accoglienza
    La Commissione accoglienza continuità articola un Progetto che coinvolge la famiglia. 

    Viene attuata una formazione congiunta docenti genitori sulla Metodologia Pedagogia dei Genitori.

    Nei primi giorni della scuola i Consigli delle classi prime indicono una riunione (vedi lo Strumento Gruppo di narrazione) in cui genitori presentano i figli. In un secondo incontro i genitori leggono la presentazione scritta del figlio che viene inserita tra i documenti ufficiali.

    Nel corso dell’anno i genitori   partecipano con i docenti a un Gruppo di narrazione.



    Continuità
    I genitori che hanno effettuato con i docenti un percorso di Gruppo di narrazione aggiornano la presentazione del figlio che viene allegata ai documenti ufficiali funzionali al passaggio da un ordine di scuola all’altro.

    La Commissione continuità inserisce la presentazione dei genitori nel fascicolo personale dell’allievo accanto alle considerazioni  della scuola 

    La Commissione nei contatti con la scuola accogliente propone il percorso della Metodologia Pedagogia dei Genitori condotto nell’anno o negli anni trascorsi e una formazione sulle competenze e le conoscenze dei genitori. 

     


    Costruire convergenze tra scuola e famiglia

    Un cammino di crescita 
    Ogni situazione che inizia determina un’attesa ma anche ansie e timori. Una circostanza che procura preoccupazioni e pensieri è l’inizio dell’anno scolastico, in particolare nei genitori. I piccoli desiderano la novità, hanno capacità di adattamento, sono le mamme e i papà che spesso soffrono per quello che identificano come distacco dai figli. Hanno passato un periodo più o meno lungo collegati e inizia una stagione in cui il figlio inizia a crescere in un altro ambiente. E’ situazione che non possono vivere direttamente, altri adulti prenderanno cura dei loro piccoli. La loro è una delega educativa: la scuola è autorevole, garantita dallo stato, ma sentono necessaria una continuità educativa, la rassicurazione che chi si occuperà dei figli lo farà con lo stesso impegno ed amore.

    La scuola spesso non tiene conto di questa situazione emotiva, si dà per scontato che l’inizio della scolarizzazione o il passaggio da un ordine di scuola all’altro non sia problematico o riguardi solo gli allievi. Non si riflette che si passa da un ambiente educativo con precise caratteristiche a un altro. L’ambito familiare non è considerato a sufficienza situazione formativa.

    Nella preparazione degli insegnanti il sapere genitoriale che contribuisce a formare una personalità non viene riconosciuto Lo studente è considerato tabula rasa sulla quale la scuola incide le sue indicazioni. L’attività educativa dei genitori viene presa in considerazione solo da insegnanti particolarmente attenti e disponibili. Non vi è una presa in carico ufficiale  dell’attività formativa genitoriale e ciò genera incomprensione se non conflitto tra scuola e famiglia.

    Attualmente vi sono le condizioni perché questa alleanza si realizzi. Vi è una famiglia maggiormente disposta all’educazione dei figli. I genitori effettuano un forte investimento affettivo, li seguono nelle loro vicende personali, sono attenti alle problematiche determinate dalla crescita. La crisi della famiglia allargata e la scomparsa della comunità di villaggio aumenta le responsabilità dei genitori che devono vicariare situazioni che venivano affidate agli altri familiari, ai vicini o alle persone della comunità. Una certa pubblicistica e l’isolamento genera timori amplificati dai media. Le paure e le insicurezze della famiglia vengono monetizzate, diventando fonte di profitto.

    La scuola, dagli anni ’70 in poi ha effettuato un cambiamento epocale, assumendo nuove  responsabilità educative. Si è affiancata alla famiglia nella lotta alle dipendenze e all’AIDS, ha saputo superare l’emergenza proponendo la prevenzione attraverso la ricerca di stili di vita corretti che affiancano quelli dei genitori. Il diminuire della presenza dello stato le ha fatto perdere un’aura di ufficialità, recuperando la necessità di collegarsi all’altra agenzia formativa: la famiglia.

    Per le due principali agenzie educative difficoltà e problemi sono occasione per un collegamento stretto che legittimi la loro azione. Il Patto educativo è necessario, viene fondato su basi chiare e durature, una precisa distinzione di ruoli che definisce conoscenze e competenze: i genitori conoscono il loro figlio nella sua specificità e nella sua evoluzione, i docenti hanno competenze didattico disciplinari e sull’intera classe. E’ la base di una collaborazione che può partire statu nascenti, quando comunicia la scuola.


    Costruire la comunità educante
    Nel momento in cui, secondo le indicazioni dello Strumento Accoglienza/Continuità, all’inizio dell’anno scolastico genitori e docenti si mettono in cerchio per proporre la loro genitorialità si mettono le basi per la costruzione di una comunità educante (Patrikakou 2005). Si esce dalla logica stretta binomio allievo docente e si allarga l’orizzonte educativo a una visione sistemica basata sulla dinamica scuola famiglia (Cadei 2010). Gli adulti di riferimento riprendono la loro dignità in un’alleanza che ridimensiona la minore età cui il consumismo ha attribuito eccessive responsabilità. Quando gli adulti riprendono il loro ruolo viene restituita ai minori la possibilità di gestire la loro dimensione fatta di ingenuità, di libertà, di gioco, di tensione verso il nuovo. Viene riconosciuto il loro diritto alla crescita alla loro fragilità, alla loro incompletezza.

    A docenti e genitori viene attribuito un luogo e uno spazio in cui concertarsi serenamente (Sennett 2012). Si apre un momento conoscitivo basato sull’ascolto e la condivisione che prelude alla definizione dei relativi campi di azione. L’educazione riprende la sua centralità, l’argomento è la genitorialità specifica che rivendica diritti e dignità. Non vi è conflitto perché tutti sono coinvolti nel discorso basato sulla comune funzione formativa. L’attenzione e l’interesse sono focalizzati dalle narrazioni degli itinerari educativi, vicende reali che ne sottolineano la complessità. Vi è un processo di mutua educazione, al termine ciascuno si sente arricchito dalle varie soluzioni e confortato dall’avvertire che tutti sono partecipi delle stesse problematiche (Barras 2009).   

    Il senso di comunità viene accentuato dalla specificità delle narrazioni: ognuno si implica  e presenta agli altri una parte della sua vita, l’educazione data o ricevuta, con la consapevolezza che privacy non è tacere quanto narrare quello che si desidera gli altri sappiano. L’ascolto attento e rispettoso, la tensione carica di aspettative fa in modo che si restituisca a ciascuno l’attenzione alla quale tutti hanno diritto e che viene spesso negata. 

    Questi momenti introducono una dimensione emotiva che rende più efficace l’assemblea, cementa i rapporti tra le persone. Il fatto che a volte genitori o docenti si commuovano narrando le vicende educative in cui sono stati coinvolti, sottolinea che ciascuno si sente ascoltato e capito, le lacrime non sono solo espressione di tristezza, indicano l’impegno e la partecipazione al gruppo di narrazione, determinati dal reciproco rispetto di cui sono improntate queste riunioni (Dubet 1999).


    Collegare il tempo scuola al tempo famiglia
    Connettendo il tempo scuola al tempo famiglia, l’educazione scolastica e genitoriale diventa più articolata. I campi formativi così identificati appaiono complementari e interfunzionali. Il docente viene a conoscenza di un ambito di sviluppo del quale la scuola non può tener conto. Le vicende familiari influiscono sui risultati scolastici. La prima riunione al momento dell’accoglienza fornisce i dati formativi principali dell’educazione. Si stabilisce un rapporto di reciproca fiducia basata sulla comune genitorialità (Jesu 2004).

    La fiducia, etimologicamente apertura reciproca, è base per la relazione educativa, permette di capire i reciproci problemi e soprattutto di intervenire là dove un’istituzione è più carente. Fiducia genera comprensione, crea quell’atmosfera di accettazione e simpatia di cui scuola e famiglia hanno bisogno.

    Non è solo sostegno, è cooperazione consapevole che parte dalla complementarietà dei ruoli educativi. I genitori non vengono umiliati in compiti di sussidiarietà, procacciatori di risorse o autori di interventi di sostegno, chiamati in modo episodico ad arbitrio dalla scuola. Viene loro riconosciuto un ruolo formativo efficace e paritario che deve costituire la base per i futuri Decreti delegati, all’interno dei quali sarà preminente il patto educativo (Alvarado 2000).



    Armonizzare i ruoli educativi
    Personalizzare linsegnamento
              Essere in situazione di parità coi docenti, sottolineata dal cerchio e dall’argomento comune, porta i genitori a esprimersi. Non è il momento del colloquio genitori con spazi e modalità definite, di cui va sottolineata la specificità. In quella situazione vi è una comunicazione di tipo professionale in cui il docente assume le proprie competenze didattico disciplinari e presenta risultati oggettivi.

    Nell’Accoglienza l’educazione è centrale e lo spazio formativo presentato è quello familiare. I genitori sono considerati nella loro autorevolezza di conoscitori del figlio, esprimono il loro percorso educativo in termini concreti e narrativi, sottolineandone il carattere evolutivo. La loro presentazione ha un carattere diacronico e sincronico. Propongono la specificità del figlio, il suo carattere, interessi, pregi e difetti. Il loro è un ritratto a tutto tondo comprende i diversi aspetti di una personalità, anche quelli apparentemente banali, che rivelano caratteristiche specifiche e aspirazioni personali.  Propongono strumenti affettivi preziosi per i docenti in particolare in periodo in cui vi è la consapevolezza che le nozioni non passano solo dalla mente ma anche dal cuore (Cohen 1999).

    L’esposizione diacronica dei genitori presenta la storia della formazione del ragazzo, le vicende che hanno costruito la sua personalità. Viene offerta la possibilità di conoscere l’origine dei suoi comportamenti, la loro evoluzione; a una visione fenomenologico comparativa, basata sull’apparenza e il paragone con gli altri, si sostituisce una visione storico culturale, la sua cultura, la sua personalità e la storia che l’ha determinata. I genitori diventano interlocutori preziosi dei docenti, inizia una dinamica di coeducazione scuola famiglia.


    Genitorialità e apprendimento
    L’accoglienza condotta secondo la Metodologia mette in primo piano i valori della genitorialità situandoli all’interno della professionalità docente. Un vecchio modo di pensare, legato al positivismo, sottolinea la necessità di una distanza dall’affettività dell’allievo, fondando la relazione sulla razionalità pura. Le scienze cognitive hanno scoperto e dimostrato che l’intelletto non è mai staccato dall’istinto e dalla passione (Nussbaum 2004)

    Caratteristica della professionalità docente è la competenza didattica, la conoscenza sistemica necessaria alla conduzione di una classe e al collegamento con gli altri docenti, ma per la crescita umana valgono le pedagogie messe in atto dalla genitorialità: identità, speranza, fiducia, responsabilità, crescita. Compito della scuola non è solo quello cognitivo, insegnare a leggere, scrivere e far di conto, ma quello formativo che una volta veniva ignorato o ritenuto compito della famiglia.

    Una nuova sensibilità sottolinea come necessaria la continuità  tra la sfera familiare e quella scolastica. Da parte dell’adulto occorre un atteggiamento fermo e responsabile, ma anche un’apertura verso il minore che sottolinea la disponibilità umana a compiere assieme un cammino non solo cognitivo. E’ chiaro lo stretto collegamento tra crescita culturale e crescita umana, una non può prescindere dall’altra e la funzione dell’adulto deve esser di stimolo e di esempio (Constantino 2003).

    Tale stile educativo vale anche per la valutazione, negli Stati Uniti si prospetta un sistema valutativo di tipo dinamico Dynamic Assessment, che esamina i risultati scolastici dell’allievo secondo una prospettiva evolutiva, analoga alla pedagogia della crescita dei genitori. Dalla valutazione alla valorizzazione, evidenziando le performances positive, non enfatizzando errori o manchevolezze che diventano preziose per il docente nel correggere impostazioni sbagliate o personalizzare l’insegnamento apprendimento (Tzuriel 2001).   


    Collaborazione docenti genitori e successo formativo
    I confini della relazione educativa si ampliano, non è più solo un rapporto univoco tra docente e discente basato sulla trasmissione del sapere. Il dato cognitivo rimane ancora il cardine della missione della scuola ma è inserito nell’ambito più vasto della formazione dell’uomo. Questo compito accomuna scuola e famiglia, è dal loro accordo e concertazione che nasce il successo formativo del figlio alunno. Solo se egli avverte che vi è una condivisione dei fini e dei mezzi educativi tra scuola e famiglia viene posto in grado di affrontare il proprio compito con serenità e sicurezza. I genitori riconosciuti nelle loro conoscenze e competenze diventano sostenitori attivi di quanto avviene in classe. 

    Non è più il momento della delega a una scuola in cui vigeva il motto: “Il docente ha sempre ragione”, né di una contestazione fine a se stessa, ma di una condivisione tra educatori che si riconoscono pari dignità. Il clima educativo della scuola si collega a quello della famiglia, non vi è solo uno scambio di informazioni ma una condivisione educativa che porta a un sostegno attivo e consapevole (Constantino 2003). Il rispetto, etimologicamente ‘cura reciproca’, deriva dall’avere in comune, in tempi e in modi diversi, un compito di crescita con una persona, la stessa, a casa e in famiglia, che in ambedue gli ambiti formativi riceve stimoli convergenti. Non vi è rivalità, ma coesione che crea serenità nel figlio allievo. La sicurezza e la dignità riconosciuta di genitori e docenti diventano sicurezza e dignità nei figli alunni. Sono i presupposti per un impegno scolastico efficace che prende le mosse quando all’inizio dell’anno scolastico la scuola accoglie i genitori chiedendo a loro e ai docenti di presentare i loro figli.


    Genitorialità e comunità tra docenti
    Nel Gruppo di narrazione assieme alle famiglie sono presenti i docenti della classe, oppure, se l’accoglienza viene effettuata in modo trasversale, parte dei docenti delle prime che mettono in campo la loro genitorialità. L’effetto comunità non riguarda solo la relazione scuola famiglia, si realizza anche tra i docenti. Hanno occasione di incontrarsi spesso, ma la loro comunicazione riguarda aspetti professionali, indicazioni burocratiche, sono rare le situazioni in cui vi è la possibilità di trasmettere la propria umanità. Il Gruppo di narrazione come accoglienza offre questa opportunità che si trasforma in un incontro in cui i docenti possono sentirsi più uniti.

    Attualmente esser insegnanti è appassionante e difficile, occorre una solidarietà forte, non solo con le famiglie, ma anche con i colleghi. La scuola deve esser rigorosa e possedere strumenti per migliorare e correggersi, lo può fare una comunità coesa di docenti che propongono soluzioni collettive e cooperative, per sopperire là dove il singolo non riesce. Non è più il tempo delle rivalità, esser ciascuno re nel proprio spazio di  classe e di lezione, ma di una concertazione cementata da rapporti di condivisione, dal riconoscimento della comune umanità. Diventa accoglienza per i docenti nuovi che sperimentano fin dal primo momento un’atmosfera di empatia in cui conoscono famiglie e colleghi e si fanno conoscere. 



    Genitorialità diffusa
    L’accoglienza prospettata secondo la Metodologia Pedagogia dei Genitori offre la possibilità ai genitori di avere una visione d’assieme della classe. Uno dei problemi creati dal passaggio dalla famiglia allargata a quella mononucleare è aver limitato l’educazione al proprio figlio e impedire una visione ampia della propria funzione genitoriale. Nelle famiglie si è instaurato una sorta di proprietà privata del figlio. Nella comunità di villaggio o nella famiglia allargata ciascuno si sentiva responsabile dell’educazione dei minori, esisteva una delega da parte della famiglia: tutti potevano rimproverare i figli degli altri. 

    La mancanza di educazione collettiva influisce pesantemente sui compiti della scuola e della famiglia, sempre più isolate nel loro compito formativo. La soluzione è ricorrere alla medicalizzazione o all’ordine pubblico, molti dei ragazzi definiti iperattivi o bulli mancano di un’educazione collettiva efficace operata da una comunità coesa .

    Presentare il proprio figlio all’inizio dell’anno, non solo ai docenti, ma anche agli altri genitori significa iniziare un itinerario verso la condivisione dei i compiti educativi, ottenere una pluralità di risposte ai problemi formativi dalle quali rafforzare le proprie scelte e giungere ad una delega estesa agli altri genitori. E’ la reale corresponsabilità educativa, una solidarietà che permette a ogni genitore di contare sulla scuola, ma anche su altri attori dell’educazione che saranno in grado d aiutarlo e intervenire. Il detto per allevare un bambino ci vuole un villaggio non è solo una bella metafora,è una verità educativa consolidata dall’esperienza. 

    La multiformità dell’esperienza di ciascuno sottolinea che per plasmare una personalità occorre una molteplicità di azioni educative compiute da attori diversi. Spesso l’intervento esterno ha maggior autorevolezza, conferma al minore l’esistenza di una comunità educante. Ciò rasserena i genitori, permette di compiere scelte condivise, supportate dall’esperienza e dal consenso delle altre famiglie presenti nel Gruppo di narrazione e accoglienza.  non si sentono solo incoraggiati ma la collettività educativa che viene formandosi fin dal momento dell’accoglienza diventa camera di compensazione degli interventi educativi, possibilità di riflettere, una sorta di controllo benevolo della propria azione formativa non più solitaria.


    Dallaccoglienza alla continuità
    La scuola non è un continuum in cui gli allievi, dalla prima infanzia all’università, passano da una classe all’altra con gli stessi insegnanti, gli stessi metodi, con la stessa atmosfera relazionale. La scuola italiana è costituita da ordini e gradi scolastici diversi, con logiche formative proprie e impostazioni didattiche che non sempre si armonizzano.

    Creare ponti tra diverse situazioni scolastiche favorisce un collegamento tra i vari climi educativi, in modo che i gradi e gli ordini scolastici precedenti presentino gli allievi alle istituzioni di riferimento. Spesso si tratta di relazioni sul profilo scolastico dell’allievo elaborate dai docenti.

    Viene ignorato l’elemento di continuità rappresentato dalla famiglia. Sono i genitori che accompagnano il figlio nel corso dell’avventura scolastica, seguono i suoi progressi formativi contattando i docenti, frequentando le riunioni, con uno sguardo lungo e prospettico Contribuiscono in modo decisivo alla sua formazione, ne conoscono le reazioni, sono in grado di formulare precise osservazioni, un modo di vedere che la scuola deve conoscere e utilizzare.

    Nelle scuole in cui sono organizzati momenti di accoglienza e gruppi di narrazione realizzati anche dai genitori esiste un patrimonio di osservazioni che può esser messo a disposizione nel passaggio da un ordine di scuola all’altro. Le presentazioni dei figli vengono aggiornate. Propongono itinerari educativi all’interno dei quali è possibile leggere la formazione del carattere, le abitudini, le inclinazioni, il clima culturale e affettivo della famiglia, dati che introducono i docenti alla personalità dei futuri allievi. Sono propedeutici alla personalizzazione degli interventi. L’empatia con la quale sono scritti introduce al rapporto necessariamente positivo al quale ogni allievo ha diritto.



    Se la scuola richiede un atteggiamento di fiducia da parte della famiglia deve dare loro fiducia, accettare con partecipazione questi profili che innestano nella sua azione educativa la formazione familiare.